Lectio divina del 22.4.21

Vai al video (colloquio riassuntivo) su YouTube

Testo:

13  Διὸ ἀναζωσάμενοι τὰς ὀσφύας τῆς διανοίας ὑμῶν, νήφοντες τελείως, ἐλπίσατε ἐπὶ τὴν φερομένην ὑμῖν χάριν ἐν ἀποκαλύψει Ἰησοῦ Χριστοῦ.

13 Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà.

Analisi e riflessione (di preparazione)

13  Διὸ=Un “Perciò” consequenziale, che “tira le conseguenze” concrete da tutto quanto ha detto prima. Dunque dal dono al compito, dal progetto alla realizzazione anche per mezzo di noi

ἀναζωσάμενοι τὰς ὀσφύας τῆς διανοίας ὑμῶν,= Pietro applica alla mente dotata di ragione (diànoia) il comando che Dio dà agli Ebrei in Egitto in Es 12 al momento di mangiare l’agnello, al momento in cui l’angelo sterminatore fa la sua Pasqua in terra d’Egitto, Pasqua di distruzione e di liberazione insieme. Come quando ci si accingeva ad un viaggio o al lavoro, si tirava su la veste lunga, che diventata come una fascia attorno ai fianchi. Immagine di prontezza, di disponibilità, di partenza, di inizio di qualcosa di nuovo e decisivo.

νήφοντες τελείως,= nèpho è il verbo che invita alla temperanza, alla sobrietà, alla misura nell’uso delle cose e soprattutto del vino. Pietro chiede una sobrietà “perfetta”. Capire cosa vuol dire questo “perfetta” è veramente compito per la nostra riflessione. Comunque qui possiamo anche vedere un taglio col passato, la famosa metànoia, la conversione, il lasciare qualcosa per rivolgerci ad altro

ἐλπίσατε= la speranza, di cui sopra si celebra il dono gratuito, nel presente e nel futuro, adesso viene comandata, diventa oggetto di comando, di esortazione “sperate”. Preso atto dell’”ambiente vitale” in cui Dio ci ha collocato, dobbiamo assolutamente proiettarci in avanti, in un nuovo esodo..

ἐπὶ τὴν φερομένην ὑμῖν χάριν= la tensione principale è verso un futuro che ancora non c’è, ma che è presente in tante anticipazioni, che ci fanno gridare alla gioia..

ἐν ἀποκαλύψει Ἰησοῦ Χριστοῦ.= Di questa “apocalisse” di Gesù Cristo ne abbiamo parlato sopra. La manifestazione piena del contenuto della speranza, portata a noi dai cieli, da Dio, nello Spirito, sarà nel kairòs finale, quando avverrà la salvezza dal tempo e l’entrata nell’eternità, quando Dio sarà tutto in tutti.

Qualcuno chiede “allora il dono gratuito, la grazia, non è per adesso, ma per il futuro”. Un contributo alla comprensione di questa visione e in particolare di questo versetto potrebbe essere la seguente. Come Dice Gv 1 “grazia su grazia”, il dono gratuito dell’amore e della vita di Dio non è una realtà puntuale nel tempo, cioè ad un certo punto, ma è qualcosa che ci avvolge dall’eternità e per l’eternità e ha il suo centro di Gesù Cristo suo Figlio. Certo è che questo dono è come acqua riversata su di noi, come ha detto sopra, in modo progressivo, un riempirsi sempre di più (plethyntè). Per questo oggi la speranza (con gioia) è al centro della nostra tensione personale e comunitaria. E chi non ci capisce arriva anche a dire, soprattutto in mezzo ai dolori del mondo “Dov’è il tuo Dio?” (Sl 41(42)).

Messaggio WhatsApp inviato ai broadcasts:

Carissimi, misericordia e vita dal sangue vivente redentore del nostro Signore Gesù. Giovedì sera la nostra “lectio divina” ha avuto come Parola da accogliere e donare il versetto 13 di 1Pt 1: “Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà”. Con la congiunzione “Perciò” Pietro passa ad un’altra piccola sezione del suo discorso. Finora ha presentato il dono gratuito di Dio in Gesù per la potenza dello Spirito. Adesso ci fa una serie di comandi e raccomandazioni, perché il dono diventi per noi compito, la nostra parte da fare vicino a quanto Dio fa per noi. E la prima esortazione egli la prende da quella notte in Egitto (Es. 12) quando Dio ordina a Mosè di far mangiare l’agnello con il vestito lungo tirato su e arrotolato ai fianchi, come si faceva prima di partire, o prima di lavorare. Ma non si tratta più di veste del corpo, ma della nostra mente razionale, della nostra capacità di valutare e vedere le cose: tutto in noi, tutto dentro di noi, deve diventare “proiezione in avanti” per un nuovo passaggio, una nuova Pasqua. Dio, con i suoi interventi (kairòi) passa nella nostra vita e a noi viene chiesto di lasciare il passato (“siate perfettamente sobri”), girarci, convertirci a ciò che ci è davanti, in una meravigliosa tensone che si chiama speranza. Verso dove? Verso il dono totale che sarà nella rivelazione definitiva di Gesù Cristo risorto e Vivente. E noi saremo con lui. Dunque un dono che è già cominciato nella nostra storia, soprattutto con la morte e risurrezione di Gesù, ma che ancora si deve rivelare, creando così uno spazio tra “già e non ancora” (come diceva Cullmann) che è lo spazio per la storia nostra e della nostra comunità dentro il mondo e la sua storia. Perché tutto cammini verso una pienezza gratuitamente donata..