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24 marzo 2025

173. Lunedì 24 Marzo 2025
73 – Ap – Apocalisse (17) –
Cap. 14,6-20: Libro, falce, giudizio

 

Nel capitolo 14 dell’Apocalisse, abbiamo detto che la meditazione di Giovanni (riflessione e simboli che abbracciano tutta la storia) passa decisamente a considerare il tempo del Nuovo Testamento. Il Messia è venuto come figlio di donna, e Satana e i suoi, pur ancora liberi di devastare la terra, hanno i giorni contati (1260 nel simbolo!).

Abbiamo accolto Ap 14,1-5 la volta scorsa, in cui l’Agnello immolato per noi e risorto (in piedi!) è sul monte Sion, perché egli si è rivelato a partire alla storia che l’ha preparato, quella dell’Antico Testamento, i cui credenti sono rappresentati idealmente come 144000 vergini, che lodano e seguono l’Agnello ovunque. Gesù è dunque il compimento del vecchio Israele e l’inizio del nuovo, definitivo popolo di Dio.

All’inizio del nostro brano c’è di nuovo un libro (dopo 5,1 e 10,8ss), definito “Vangelo eterno” da annunciare a tutti i popoli: la Chiesa profetica, mandata dal Signore, è chiamata a diffondere ovunque e a tutti il Vangelo, l’annuncio meraviglioso di Gesù Cristo e della sua salvezza.

E poi ecco una sequenza di sei angeli per l’annuncio del giudizio definitivo di Dio sul mondo, realizzazione della salvezza dei santi, soprattutto dei martire a causa della fede, giudizio simbolizzato da una falce affilata che, lanciata sul mondo, reciderà ogni vita, ogni pianta, per il giudizio definitivo alla fine dei secoli. E’ tempo ormai di usare la falce (abbiamo ricordato Gv 4,35) e in mezzo ai suoi angeli sta il Figlio dell’uomo, su una nube bianca e con la falce in mano: chiara citazione di Dn 7,13ss, la visione del Figlio dell’uomo. Come ben sappiamo questo titolo di “Figlio dell’uomo”, già applicato ad Ezechiele profeta e poi mostrato in cielo dalla visione di Daniele è stato, tra i titoli messianici, quello più usato da Gesù stesso in riferimento alla sua persona. Il grano è mietuto e l’uva è raccolta e pigiata. Il tutto sotto il segno dell'”ira” di Dio, del Dio che salva i giusti come promesso e non risparmia più gli operatori di iniquità.

Chi ha adorato la bestia e la sua statua, e ha ricevuto il marchio del suo nome (e non il sigillo del Dio vivente) sarà gettato laddove è “il fumo del loro tormento” (v. 11).

Dunque è il momento di fare chiarezza, ad ognuno la ricompensa per le sue opere. E nel versetto 13 c’è, al centro della scena della falce, una affermazione stupenda, che è la finalità di tutta l’apocalittica: “Beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito – riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguiranno”.

Dunque non più soltanto il grido d’angoscia degli uccisi per la testimonianza di Gesù (nel quinto sigillo, Ap 6,9-11), non più l’attesa. Il trionfo e la pace ora sono qui, dono alla loro perseveranza..