20 Settembre 2020 – Lettera aperta alla parrocchia del Porto
Lettera scritta qualche giorno fa, ma stampata oggi, 20 settembre
L’ho inviata ai tre elenchi mails “tutti” (primociarlantini, sancristoforo, santafamiglia)
e poi la consegnerò a mano
Fano, 1 settembre 2020
Cari amiche e amici della parrocchia del Porto,
da qualche settimana ho deciso di dare a tutti voi un “segno” facendo una scelta riguardo alla parrocchia. Da due anni sono “ritornato” a vivere e condividere questa parrocchia e questo territorio come la “porzione di popolo di Dio” cui egli mi ha chiamato naturalmente ad appartenere (abito qui e qui ho vissuto gran parte della mia storia).
Dopo il mio ritorno (2018), siccome ad un certo punto spesso nessuno suonava l’organo, ho voluto mettermi a disposizione per farlo io, soprattutto per cercare di dare segni di amicizia e di volontà di comunità, e non solo per “abbellire la Messa”.
Purtroppo sembra che il senso di appartenenza alla comunità cristiana, l’amicizia fra tutti, la collaborazione, l’attenzione alle persone e al territorio in questo periodo non sono andati crescendo ma piuttosto diminuendo, fino alla batosta data dal Covid.
E allora, qualche settimana fa, ho sentito il dovere (nella mia coscienza di servizio “profetico”) di porre l’unico segno che potevo offrire: smettere di suonare fino a che qualcuno se ne accorgesse, e si facesse delle domande e magari offrisse un minimo di contatto e di amicizia.. Magari un invito esplicito, una telefonata, una visita a casa..
Perché la Messa, l’Eucaristia, il Corpo di Cristo, senza essere il Corpo di Cristo, la Chiesa, rischia di essere quella cosa su cui Dio nella sua Parola dice di “vomitare” (addirittura!). Rileggiamo Is 1,14 o 1Co 11,29 (mangiare Cristo riconoscendoci suo corpo, sa comunità, sua Chiesa): sono terribili!
Secondo il mio sentire, ma credo anche il sentire di molti di coloro che amano Gesù e hanno a cuore il suo Corpo comunitario, è ora (passata) di ripartire in qualche modo. Mettiamoci pur dentro tutte le regole e le restrizioni, ma sappiamo bene che le persone vanno collocate sopra le regole e invece di non vederci più perché non studiamo tutti i modi per coltivare l’ideale che abbiamo abbracciato credendo in Gesù: comunità, amore, condivisione, servizio, ascolto comune della Parola, celebrazione del sacramento, annuncio sul territorio a noi affidato? E’ ora di avere amicizia e contatti tra noi. Il semplice rito in chiesa non ha senso se non viviamo da persone che si amano e si appartengono!
Specialmente adesso dobbiamo reinventare la Chiesa come comunione, laddove si dovrebbe dire “guardate come si amano”, e non solo dentro le mura della chiesa in viale Cairoli. Comunità, noi siamo una comunità, dove vive lo Spirito di Gesù Vivente. Ma.. siamo comunità? a me non pare assolutamente! In due anni e mezzo mi ha forse mai cercato nessuno della “comunità”? Chi si interessa di chi?
Mi si consenta di chiarire un aspetto a cui tengo particolarmente. In tutto questo non voglio che si pensi minimamente ad una relazione positiva o negativa con chi è responsabile della comunità, cioè il parroco. La comunità è di tutti e va costruita con l’apporto di tutti. Tutti noi siamo la comunità e siamo stati investiti nel battesimo ad essere profeti (annunciatori), sacerdoti (offerenti), e re (regali nel servire) come Gesù e con Gesù. Il parroco è uno di noi, al nostro servizio nel suo compito di unità e proposta. Assolutamente non voglio che si pensi ogni iniziativa, mia o di altri, come voluta pro o contro il parroco. Ma sempre con la volontà di collaborare e possibilmente decidere e organizzare tutte le cose insieme. Se poi al parroco non sembra opportuno seguire una iniziativa di qualcun altro nella comunità, io o chiunque altro, va rispettata la sua decisione ma anche quella di chi agisce.
Il vero punto di valutazione non deve essere il pensiero del parroco o di chiunque altro, ma l’attenta (e possibilmente comunitaria) valutazione alla luce di Gesù, della sua Parola, del suo amore e anche dell’insegnamento costante della Chiesa. Se poi le cose si fanno in comunione, nell’accordo, nella collaborazione e con il consenso dei responsabili della comunità meglio ancora. Ma prima bisogna obbedire a Dio e poi agli uomini, specialmente se questi ponessero dei veti e dei limiti. Meglio comunque sempre essere capaci di lavorare in maniera “sinodale”, vedendosi e organizzandosi insieme. Ma ricordiamoci che tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti, compresi papa, vescovi e presbiteri!
In questo momento della sua storia la Chiesa, universale e locale, ha optato per il modello di “sinodalità”, cioè di cammino insieme. Se noi non ci vediamo mai, se non al massimo per il momento rituale della Messa della domenica, come possiamo volerci bene al punto di camminare insieme, prendere decisioni insieme, far vedere al mondo quanto ci amiamo e quanto stiamo facendo per servire Gesù nei poveri?
Chiamiamoci, invitiamoci, rimproveriamoci, esortiamoci, come ci dice Agostino: Amate e trascinate tutti all’amore. Tutto fuorché l’indifferenza e il nulla!
Reinventiamoci comunità nello stile di Paolo (“bramo di rivedere il vostro volto.. mi siete diventati più cari della mia stessa vita”)..
Primo (339.649.27.34)