007 – Lectio divina su 1Pt 1,8-9

Lectio divina del 25.3.21

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Lectio divina del 25.3.21

Testo:

8 ὃν οὐκ ⸀ἰδόντες ἀγαπᾶτε, εἰς ὃν ἄρτι μὴ ὁρῶντες πιστεύοντες δὲ ⸀ἀγαλλιᾶσθε χαρᾷ ἀνεκλαλήτῳ καὶ δεδοξασμένῃ,

8 Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa,

9 κομιζόμενοι τὸ τέλος τῆς πίστεως ⸀ὑμῶν σωτηρίαν ψυχῶν.

9 mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

Analisi e riflessione (di preparazione)

8 ὃν= relativo riferito a Gesù

οὐκ ⸀ἰδόντες=in questo caso idòntes è il passato del verbo orào, vedere (vedere con gli occhi). La stessa forma, nell’aoristo, serve agli antichi per indicare la vista con gli occhi della mente, con l’occhio interiore, la ragione, il “vedere l’idea” delle cose (platonicamente). Ma qui è un passato correlato al presente che segue subito dopo. Il fatto è che “voi non lo avete visto”. Si può sottintendere qualcosa come “come l’ho visto io con gli occhi del corpo”.

ἀγαπᾶτε,= i credenti amano (con amore spirituale, agàpe, e non fisico-psichico, èros-filìa) Gesù pur non avendone avuta una esperienza di incontro fisico

εἰς ὃν=verso di Gesù: dipendente da “credenti”. La fede è un “proiettarsi verso” Gesù (eis)

ἄρτι=ancora non è avvenuta la visione, nemmeno nel presente

μὴ ὁρῶντες=il vedere del presente “non vedendolo (adesso)”

πιστεύοντες=credenti. La fede che fornisce gli “occhi” per vedere attivo e presente il Figlio di Dio, Signore e Salvatore Risorto. La fede “materializza” “qualcuno da amare”!

δὲ=particella avversativa greca, normalmente in correlazione con “mèn”: da una parte (men) dall’altra (de), ma qui usata in forma assoluta (senza la prima parte). E qual è la contrapposizione? Mentre tutto il testo è proteso verso l’assoluta “apocalisse” di Gesù Cristo, la gioia è “de” cioè non è futuro, ma qualcosa di presente e vivo. La pienezza della gioia è per il credente la prova che il suo amore, generato dalla sua fede, è sulla buona strada. “Non vedi niente ma..” la tua gioia ti fa sperimentare (e quindi “vedere” in altro modo) la presenza e l’azione di Gesù nel suo Spirito.

ἀγαλλιᾶσθε=gioia esultante di cui abbiamo già parlato sopra a proposito del v. 6.

χαρᾷ=gioia profonda e vera. Il termine è usato sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, nel testo greco, per indicare la gioia del rapporto con Dio e con gli altri. Qui abbiamo un doppio termine di gioia, che normalmente è stato tradotto con “esultate di gioia”; sarebbe “gioite entusiasticamente di gioia”.

ἀνεκλαλήτῳ=indicibile (dal verbo lalèo, dire, gridare). La gioia c’è ma scaturendo da qualcosa/qualcuno di invisibile è interiore, c’è, ne siamo sicuri se la sperimentiamo, ma non puoi parlarne o raccontarla più di tanto. “Inesprimibile” sia perché non si può completamente esprimere con parole umane essendo un “Mistero” tanto infinito, e sia perché le parole non bastano in alcun modo a dare voce alla “debordante” presenza interiore. Agostino fa un esempio bellissimo spiegando il salmo 99: è come quando tu canti mentre lavori o mieti o raccogli l’uva.. E ad un certo punto è tanto grande la gioia che non ti bastano più le parole e allora cominci a “giubilare” cioè ad emettere suoni non articolati, che cercano di esprimere l’inesprimibile.

καὶ δεδοξασμένῃ,=si tratta di una gioia “imbevuta di gloria”. La “doxa” è lo splendore del sole nel suo fulgore, immagine e simbolo della vita prorompente di Dio nel suo Spirito. Di questa manifestazione partecipa la gioia del credente.

9 κομιζόμενοι=il verbo “komìzo” è lo “stare per”, il “camminare verso”, e insieme lo stare per raggiungere il punto finale verso cui si tende. Sappiamo bene che nella prima chiesa era molto forte l’attesa di un ritorno molto vicino del Signore alla fine di tutto questo sistema di cose..

τὸ τέλος=il “Tèlos” è il punto finale cui tende qualcosa, ad esempio il bersagio cui la freccia scagliata dall’arco tende. C’è un telos nella nostra vita. Se pensiamo all’impostazione “lineare” della storia e della storia della salvezza, dove tutto ha avuto inizio e cammina verso una fine, senza mai fermarsi o tornare indietro (diversamente dalla concezione circolare del tempo dove il massimo è rivivere sempre le stesse cose come giorni, settimane, mesi, anni)..

τῆς πίστεως=E la fede non è qualcosa che si “ha”, ma qualcosa che ci fa camminare, tendere, unita alla speranza e all’amore, anzi generando continuamente speranza e amore. E la fede come dice 1Co 13 in qualche modo finirà quando sarà sostituita dalla sua nuova forma costituita dalla visione. Della fede rimarrà in eterno l’aspetto di adesione personale e l’assenso totale al Dio della nostra vita

ὑμῶν σωτηρίαν=”vostra salvezza” è quella salvezza di cui abbiamo già parlato. Il punto finale (che ricorda il kairò eschàto di cui abbiamo parlato al v. 2) è questo passaggio che avverrà una volta per tutte, in modo irrevocabile e decisivo, da questo “fiume” delle cose umane all’eternità di Dio.

ψυχῶν.=”Anime” qui non sta tanto in contrapposizione ai corpi, quanto piuttosto come indicazione della “persona” in quanto persona vivente, persona che comunque non muore. Si sono contrapposte negli anni le due visioni ebraica (risurrezione dei morti) e greca (immortalità dell’anima). Ma qui la salvezza riguarda tutto l’uomo essere vivente comunque composto, essere, appunto, “animato”.

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Carissimi, misericordia gratuita e pace dal Padre in Gesù Signore per la potenza dello Spirito.

Giovedì ci siamo stretti  attorno a 1Pt 1,8-9: Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa,  mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime. Tutto il discorso precedente della lettera tende a lui, a Gesù. Ma ora Pietro ci dice qualcosa che lui stesso sentì più di tutto: non si tratta solo di ammirazione o di fede, masi tratta di amare Gesù più di se stesso. Quello che Pietro, alla domanda di Gesù “mi ami?” rispondeva “Sì Signore, tu lo sai che ti amo”

Abbiamo messo in evidenza come tutto il brano tende al futuro, dove sarà rivelato colui che già è morto e risorto per noi, Gesù, Signore vivente. Ma il presente ha un “ma” piuttosto complesso e pesante: noi lo amiamo senza averlo visto in passato (come Pietro!) o senza vederlo adesso. Da dove dunque il fondamento attuale del nostro aderire a lui e proiettarci “verso” di lui? Dalla esperienza di una profonda ed esultante gioia dentro di noi. Quella sì che è adesso e che lo Spirito effonde in noi, sia che la percepiamo, sia che no.. Gioia indicibile e splendente di gloria, irraggiante attorno a chi ce l’ha. Questa gioia “parla” in noi di una vita e una eredità che già ci è donata e che sarà presto manifestata, per una comunione eterna…

Prossimi incontri lunedì (studio biblico) e giovedì (lectio divina), ore 21. Materiale sul mio sito: www.primociarlantini.it. Piattaforma Internet: meet.jit.si/VediamociConPrimo. Giovedi prossimo, giovedi santo, secondo la richiesta di Gesù ai discepoli (non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me), propongo di “vegliare” insieme e dalle 21 alle 22 proclameremo tutti i discorsi di Gesù da Giovanni 13 al 17, come abbiamo fatto sempre negli anni… Primo.