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13 Novembre 2023

122. Lunedì 13 Novembre 2023
53. 1Co. Prima Lettera ai Corinzi (5).
Cap. 11: Discernere il Corpo di Cristo

 

Riflessione sul sito

 

Abbiamo trattato la volta scorsa la problematica della carne offerta agli idoli (gli idolotiti) che era un’attrazione per i cristiani più poveri essendo venduta a minor prezzo. Come sempre Paolo tratta anche questo argomento passando dalla situazione di ogni giorno, da discorso concreto e pratico ai principi più alti che devono animare e guidare la nostra vita di credenti. La conclusione è che per amore del Signore, che ci ama con tutto se stesso, meglio rinunciare alla propria libertà di coscienza (cioè a mangiare questa carne considerando nulla i demoni pagani) piuttosto che mettere in grave difficoltà la coscienza del fratello o della sorella più debole. Dunque prima la comunione donata dal Padre a noi in Cristo per mezzo dello Spirito e poi le scelte della vita di ogni giorno.

Proseguendo nel rispondere alle domande o a quanto i fratelli riferiscono della vita comunitaria di Corinto, Paolo passa dal problema di coscienza rispetto al cibo esterno, ad un problema ben più importante e complesso, riguardante soprattutto la coscienza interiore di ogni credente. Gli raccontano infatti che in occasione delle cene comunitarie, che probabilmente si facevano per offrire un pasto degno a tutti con l’apporto di tutti, soprattutto dei più ricchi, era invalsa l’usanza che chi aveva portava e mangiava e chi non aveva non portava e stava a guardare. Poi si spezzava tra tutti i pane benedetto secondo il memoria del Signore Gesù e della sua ultima cena.

Tra l’altro notiamo che nel capitolo 11 della Prima Corinzi è la prima volta, in ordine di tempo, che si racconta il gesto di Gesù con il pane e il vino che divengono “memoriale” del suo corpo e del suo sangue, sacramento della sua croce e risurrezione. E questo Paolo dice di averlo ricevuto direttamente dal Signore per rivelazione.

Lunedì ci siamo intrattenuti soprattutto sui versetti 28 e 29: “[28] Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; [29] perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”.

Purtroppo da secoli e ancora oggi le due espressioni “ciascuno esamini se stesso” e “senza riconoscere (noi preferiremmo: discernere) il corpo del Signore”, legate in maniera così forte da Paolo addirittura a salvezza e condanna della persona, sono state e sono interpretate alla luce di un principio che esiste da sempre nella religione, sia pagana che ebraica: non ci si può avvicinare anche fisicamente alla “zona” assegnata al divino (normalmente un tempio, ma non solo) senza essersi “purificati” da ogni cosa contraria a quanto vuole il divino per noi. Concretamente per noi cristiani fu istituita nel Medio Evo la confessione e assoluzione dei peccati, stabilendola come sacramento della vita di fede..

In realtà con Gesù il suo dono e memoriale stabilito nell’Ultima Cena nasce collegato alla sua croce del giorno dopo e alla sua risurrezione “per il perdono dei peccati”. Per chi crede tutto è dono gratuito del perdono di Dio in Cristo!

Allora a cosa si riferisce questo “esamini se stesso” e “mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore”? La risposta si chiarirà soprattutto nei due capitoli successivi della lettera, quello sulla Chiesa di Cristo come Corpo di Cristo e della carità come regola suprema della vita in quel Corpo. “Riconoscere il Corpo del Signore” è ciò di cui parla Paolo dall’inizio: non si tratta di un gesto rituale e formale, di lavaggi, o ammissioni orali, o qualunque altro gesto. Si tratta di riconoscere quel Corpo che è la comunità dei fratelli. L’unico modo vero e degno di “mangiare Cristo” è di aver scelto e di vivere già l’essere in Cristo. E la regola fondamentale di questo essere nel Signore è la comunione e la condivisione, come ci dice Matteo 25: “Quello che avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a me” e viceversa “quello che NON avrete fatto al più piccolo NON l’avrete fatto a me”. Dunque la comunità di Corinto, come ogni comunità credente, è chiamata a spezzare il pane del memoriale del Signore e a condividere il vino del suo sangue dentro una condivisione di vita e di fedeltà ad appartenerci tutti in Gesù ad essere “membra gli uni degli altri” (Rm 12,5).

Agostino riassumeva in una meravigliosa frase: “Quando ti accosti a mangiare il Corpo di Cristo, in realtà mangi te stesso, perché mangi il Corpo di Cristo tu che sei il Corpo di Cristo. Il tuo “Amen” è il tuo assenso di fede ad una comunione vera e piena. Perché se ogni tuo sforzo non è nel vivere pienamente il tuo essere membro vivo del Corpo di Cristo, veramente mangi e bevi non la tua salvezza ma la tua condanna”. Il Signore Gesù infatti non fece un gesto formale, esterno e vuoto spezzando quel pane “per” noi, ma ci diede un gesto cui collegare tutto il dono della vita, come lui stesso, Gesù, collegò a quel gesto la sua Pasqua di morte e di risurrezione dal giorno dopo..

Della remissione dei peccati e del perdono abbiamo già parlato e parleremo altre volte..