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12 febbraio 2024

129. Lunedì 12 Febbraio 2024
55. Ga. Lettera ai Galati

 

1,1-10  –  INDIRIZZO

 

1,1-5 – Indirizzo – 1,6-10 – Ammonizione

1,11-2,21 –  I. APOLOGIA PERSONALE

1,11-24 – La chiamata di Dio – 2,1-10 – L’assemblea di Gerusalemme – 2,11-14 – Pietro e Paolo ad Antiochia – 2,15-21 – Il vangelo di Paolo

3,1-4,31 –  II. ARGOMENTAZIONE DOTTRINALE

3,1-5 – L’esperienza cristiana – 3,6-14 – Testimonianza della Scrittura: la fede e la legge – 3,15-18 – La legge non ha annullato la promessa – 3,19-29 – Funzione della legge e funzione della fede – 4,1-11 – Filiazione divina – 4,12-20 – Ricordi personali – 4,21-31 – Le due Alleanze: Agar e Sara

5,1-6,18 –  III. PARENESI

5,1-12 – La libertà cristiana – 5,13-26 – Libertà e carità – 6,1-10 – Precetti vari intorno alla carità e allo zelo

 

6,11-18 –  EPILOGO

6,11-18 – Epilogo

 

Riflessione sul sito

 

Lunedì scorso abbiamo avuto la gioia di scorrere almeno superficialmente uno degli scritti più belli e forti della Bibbia, la lettera di Paolo ai Galati, scritta da Efeso intorno al 54-55, quando egli già meditava di scrivere una sintesi vasta del suo Vangelo. In effetti abbiamo notato come il Vangelo sia il cuore della lettera: l’annuncio di Gesù morte e risorto, Signore eterno di Paolo e delle comunità, è un annuncio fissato e dato una volta per tutte e “se anche un angelo venuto dal cielo ve ne annunciasse un altro non credetegli” (Ga 1,8).

I Galati sono abitanti della Galazia, cioè dell’attuale Turchia centro-nord, zona in cui Paolo aveva creato le sue comunità cristiane.

Ma il problema è subito lo stesso che si presenterà per tutta la vita dell’Apostolo: gente che sostiene il ritorno alla legge e agli usi mosaici, che vuol far dei cristiani degli ebrei rinnovati, passa per le comunità e parla male di Paolo e del suo annuncio centrato su Cristo. E Paolo si affaticherà per anni a sradicare questo pericolo, che minaccerà anche la sua vita: la scena più forte fu ad Antiochia di Pisidia. Leggiamo At 13,45-50 e 14,19.

Ma la persecuzione non fermerà mai Paolo, perché lui il Cristo se lo porta dentro: le parole di ga 2,19-20 sono quanto di più forte egli ha scritto: “non sono più io che vivo ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me”. Dinanzi a questa vita profonda (che chiamiamo tecnicamente “mistica”, quasi identificazione tra l’uomo e il Dio che lo abita), mossa, guidata, fortificata dallo Spirito stesso di Dio (che ci fa gridare “Abbà” (babbo, padre, papà) come Gesù stesso (Ga 4,4-6) non ci sono barriere. E in Cristo tutto è libertà, la libertà vera non di peccare ma di amare e servire (Ga 5,1ss). Ga 6,15: ciò che conta è essere “nuova creatura”.

E qui Paolo abbozza quello che poi mostrerà in modo più ricco ed esplicito in Romani e altre lettere: tutta la storia è centrata su Gesù, e tutta ha camminato verso Gesù e ora discende da lui. Israele e gli Ebrei hanno avuto una loro ragion d’essere nel preparare la via al Messia, ma erano come una “scuola elementare” un pedagogo (Ga 3,24ss). Ora siamo ad un livello nettamente superiore e definitivo. L’antica Legge e alleanza, figurati in Agar e Israele ormai hanno lasciato il posto alla Nuova, alla Gerusalemme celeste nostra madre, a Sara e Isacco.

E la lettera annuncia una meravigliosa pienezza di vita cui sono chiamati tutti senza distinzioni di classi sociali, di sesso, di cultura o ricchezza. Tutti siamo “uno in Cristo”! (Ga 3,26-29).

E questi sono i fondamenti perché la comunità di Cristo, la sua Chiesa, sia un corpo solo, un amore vicendevole dove ognuno porta “i pesi degli altri” (Ga 6,4)

E Paolo conclude a suo modo (Ga 6,14ss): il suo unico vanto è la croce di Cristo, è appartenere in maniera totale a Cristo crocifisso e di questa croce egli porta “le stigmate” nel suo corpo (non sappiamo bene cosa siano, ma certamente ferite e sofferenze che ne fanno una immagine del Cristo Redentore!).