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3 Giugno 2024
140. Lunedì 3 Giugno 2024
65. Eb – Lettera agli Ebrei (1)
Struttura della lettera
1,1-4 – I. PROLOGO
1,1-4 – Grandezza del Figlio di Dio incarnato
1,5-2,18 – II. IL FIGLIO E’ SUPERIORE AGLI ANGELI
1,5-14 – Prova scritturistica – 2,1-4 – Esortazione – 2,5-18 – La redenzione realizzata dal Cristo, non dagli angeli
3,1-4,16 – III. GESU’ SOMMO SACERDOTE FEDELE E MISERICORDIOSO
3,1-6 – Il Cristo superiore a Mosè – 3,7-4,13 – La fede introduce nel riposo di Dio – 4,14-16 – Gesù, un sommo sacerdote in grado di compatire
5,1-9,28 – IV. L’AUTENTICO SACERDOZIO DI GESU’ CRISTO
5,1-6,20 – 1. INTRODUZIONE: UNA VITA CRISTIANA DI LIVELLO SUPERIORE
5,1-14 – Vita cristiana e teologia – 6,1-20 – L’autore espone il suo disegno – 6,9-20 – Parole di speranza e di incoraggiamento
7,1-7,28 – 2. LA SUPERIORITA’ DEL CRISTO SUI SACERDOTI LEVITICI
7,1-3 – Melchisedek – 7,4-10 – Melchisedek ha ricevuto la decima da Abramo – 7,11-14 – Dal sacerdozio levitico al sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedek – 7,15-19 – L’abrogazione della legge antica – 7,20-25 – Immutabilità del sacerdozio del Cristo – 7,26-28 – Perfezione del sommo sacerdote celeste
8,1-9,28 – 3. LA SUPERIORITA’ DEL CULTO, DEL SANTUARIO E DELLA MEDIAZIONE DEL CRISTO SACERDOTE
8,1-5 – Il nuovo sacerdozio e il nuovo santuario – 8,6-13 – Il Cristo mediatore di un’alleanza migliore – 9,1-14 – Il Cristo penetra nel santuario celeste – 9,15-28 – Il Cristo sigilla la nuova alleanza con il suo sangue
10,1-18 – 3. RICAPITOLAZIONE: IL SACRIFICIO DEL CRISTO SUPERIORE AI SACRIFICI MOSAICI
10,1-10 – Inefficacia dei sacrifici antichi – 10,11-18 – Efficacia del sacrificio del Cristo
10,19-12,29 – V. LA FEDE PERSEVERANTE
10,19-25 – Transizione – 10,26-39 – Pericolo dell’apostasia – 11,1-40 – La fede esemplare degli antenati – 12,1-13 – L’esempio di Gesù Cristo – 12,14-17 – Castigo dell’infedeltà – 12,18-29 – Le due alleanze (dal Sinai alla nuova Gerusalemme)
13,1-24 – VI. CONCLUSIONE
13,1-21 – Ultime raccomandazioni – 13,22-25 – Biglietto allegato di Paolo che raccomanda lo scritto.
Lunedì abbiamo iniziato a presentare e conoscere la cosiddetta “Lettera agli Ebrei”, l’ultima del “corpus paolino”. In realtà da sempre, dai tempi dei Padri della Chiesa, si è dubitato che fosse di Paolo anche se molti la definivano così (“Dalla lettera di san Paolo Apostolo agli Ebrei”). Ormai la questione della paternità di questo scritto è considerata risolta da tempo, anche se non ci sono testi che la definiscano con certezza. Noi abbiamo accettato l’ipotesi che si trattasse di Apollo il grande discepolo di Paolo, uomo di lettere, originario di Alessandria d’Egitto, prima discepolo di Giovanni Battista e poi aiutato a scoprire il Cristo da Aquila e Priscilla, i fedeli collaboratori di Paolo. Fu a Corinto (dove una “fazione” della comunità si riferiva proprio a lui, come è scritto in 1Co 3) e ad Efeso. Cristiano della seconda generazione ha creato questo testo che non è una lettera ma un vero e proprio discorso secondo le regole dell’oratoria greca, che presuppone una comunità che lo ascolta. A questa e a tutte le comunità Apollo rivolge un ampio messaggio teologico sulla natura del sacerdozio di Cristo che supera e sostituisce il sacerdozio giudaico, ma rivolge anche un pressante appello a mantenere pura, forte, vissuta la fede in Cristo, l’attaccamento alla Parola e la consapevolezza che in Cristo siamo creature nuove e superiori alla comune umanità. Perché nelle comunità cominciavano già ad esserci persone non proprio fedeli e devote.
Questa omelia, scritta nel miglior greco del Nuovo Testamento, con tutti gli accorgimenti e le tecniche della retorica classica, finì quasi subito per essere definita una “lettera” quasi sicuramente per due motivi: 1) come tutti gli scritti del periodo apostolico fu una specie di “enciclica” donata a tutte le comunità credenti dell’Impero Romano; 2) I versetti finali (13,22-25) contengono una breve esortazione di Paolo ad “accogliere” lo scritto. Data l’eccezionale importanza di questo piccolo testo e il valore assoluto che conferiva a tutto lo scritto esso fu presto “inglobato” dai copisti alla fine dell’omelia diventandone parte integrante. Vi si parla di “invio” ed ecco la qualifica di “lettera”!
Oltre a tanti passi e “digressioni” che esortano i credenti a vivere con forza e con gioia la fede ricevuta, il tema della lettera è molto chiaro: ormai sono passati tanti anni dalla Pasqua del Signore ed è divenuto urgente dimostrare a cristiani e “giudaizzanti” che dopo Gesù il culto di Dio, le sue forme e modalità, le sue espressioni sono centrate solo nella persona del Signore, annunciato dalla storia prima di lui e “compimento” di ogni figura e disposizione vigenti da Mosè fino a lui. E’ ora che i credenti e tutto il mondo “tengano fisso lo sguardo su Gesù inizio, fondamento e fine della fede” (Eb 12,3).